In esclusiva ai microfoni di F1inGenerale, Giacomo Ricci ci ha raccontato della difficile scelta di abbandonare la carriera da pilota e di diventare Team Manager della Trident, oggi una delle principali realtà in F2 e F3.
Una vita trascorsa dietro al volante con il sogno di arrivare in Formula 1, fino alla consapevolezza di voltare pagina e intraprendere un altro tipo di carriera. Giacomo Ricci, Team Manager della Trident dal 2014, si è aperto in esclusiva ai nostri microfoni: il team lombardo è cresciuto esponenzialmente in questi 10 anni ed oggi è a tutti gli effetti un orgoglio italiano nel motorsport e una splendida realtà in F2 e F3.
Com’è stato il tuo primo contatto con Maurizio Salvadori? Sappiamo che hai disputato un weekend di gara con la Trident per poi essere appiedato e poi ripreso come team manager praticamente.
Questa è una storia molto più lunga. Ci siamo conosciuti nel paddock quando ancora correvo. Conosciuti tra virgolette, nel senso che, fino al 2010, ero più o meno a tempo pieno nel paddock perché correvo per un’altra squadra, un team inglese che si chiamava David Price Racing.
Nel 2009, avevo fatto esclusivamente una gara per Trident a Shanghai, nell’allora GP2 Asia. Questo è stato il mio primo approccio con la Trident, ma non c’era neanche Maurizio in quella gara, gli avevo solo parlato velocemente al telefono. Ero ancora un ragazzino molto piccolo.
Fino al 2012, il mio unico obiettivo era continuare la carriera come pilota. Poi però si cresce e si matura e, per una serie di circostanze, ci si accorge che passare in Formula 1 o comunque al professionismo è difficile e in più il tempo passa: quando inizi ad avere 26,27 o 28 anni devi anche iniziare a pensare al tuo futuro e alla tua carriera.
Diciamo che ho avuto il primo approccio con Maurizio nel 2010 e mi chiese se mi facesse piacere intraprendere la carriera da Team Manager. La mia prima risposta era stata negativa, ma semplicemente perché io volevo correre, non perché non mi piacesse. La mia unica ambizione era quella di fare il pilota.
Dopodiché, invece, ho avuto la stessa offerta nel 2014 e, a distanza di 4 anni, le cose erano cambiate. Avevo bussato a diverse porte per il professionismo, anche nel GT, ma per una cosa o per un’altra le cose non si erano incastrate. Rimasi un po’ deluso da questo. Non mi sono mai reputato un fenomeno, nonostante avessi avuto l’opportunità di correre accanto a dei veri talenti nel go-kart come Lewis Hamilton, piuttosto che Robert Kubica, che erano gli alieni dei miei tempi.
Nel 2014 fu una chiamata dell’ultimo minuto e da lì sono partito come Team Manager per Trident e adesso sono esattamente 10 anni che lavoro per Trident Motosport. Ho deciso di prendere questa opportunità anche perché, per me personalmente, è stata una grandissima sfida. Sicuramente il background da pilota ti aiuta tantissimo nella visione della gara e poi parli la stessa lingua con i piloti e questo è un grandissimo vantaggio.
Invece, da un punto di vista manageriale, ho sicuramente dovuto imparare tanto in questi anni. La gestione delle persone, la contrattistica, gli sponsor e tante cose che prima non sapevo. Infatti, sono contento di me stesso per il livello a cui sono arrivato oggi. C’è sempre da imparare, però oggi Trident Motosport è un vero marchio e un vero simbolo all’interno del motorsport a ruote scoperte.
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Quali sono le più grandi soddisfazioni che hai raggiunto da Team Manager della Trident?
Ad oggi, i due campionati che siamo riusciti a vincere, ossia quello team nel 2021 e quello piloti nel 2023 con Gabriel Bortoleto, entrambi in Formula 3. Vincere è il picco e la più grande soddisfazione, ma, secondo me, sono passaggi importanti anche il percorso per arrivare, i sacrifici che hai dovuto fare e che tutti nella squadra hanno dovuto fare, perché alla fine si vince e si perde assieme.
Siamo riusciti a raggiungere dei grandissimi traguardi e successi, partendo dal cambio del capannone. All’inizio eravamo una struttura molto più piccola a Novara e anche limitata nelle risorse. Oggi, invece, siamo a Ossone in una struttura moderna dove abbiamo all’interno il simulatore e c’è molto più personale coinvolto. In totale siamo quasi 50 persone tra interni ed esterni e siamo una struttura molto più grossa.
Adesso, il team si può considerare una piccola azienda che vive sì del supporto che viene apportato dai piloti, però siamo anche una squadra che negli anni è riuscita a riconfermarsi. Siamo messi bene anche in Formula 2 secondo me, dopo tanto tempo abbiamo due piloti validi finalmente. Stiamo facendo vedere qualcosa di molto positivo.
Per me queste sono le soddisfazioni più grosse. Non penso assolutamente che siamo in cima, ma in realtà in cima non ci sei mai perché quando pensi di esserci arrivato stai sbagliando. Anche quando si vince tutto, bisogna sempre interrogarsi su quello che non è andato bene e come migliorare.
È stato difficile il passaggio da pilota a gestore di piloti e dover ammettere a se stessi che fosse necessario fare questo passo?
Sì, il primo anno è stato difficile perché comunque, da quando avevo 6 anni fino ai 27, ho dedicato la mia vita a correre in macchina. In pratica, vivi all’interno di una bolla in cui vieni seguito fisicamente, mentalmente, fai determinati allenamenti durante il giorno. Hai una tua routine e poi resta una cosa spaziale che pochi provano.
L’adrenalina che provi quando corri in macchina non la capisce nessun manager, la può capire solo un ex pilota. È una sensazione pazzesca e anche difficile da descrivere. Quando entri in pista, è come essere dentro un proiettile. La mia visione era di entrare in un’arena dove c’erano degli avversari e la competizione era altissima, avendo comunque corso in Formula 3000, in GP2 e in Champ Car Atlantic. Non c’erano piloti lenti contro di te, ma gente come Sam Bird e Romain Grosjean, solo per citarne due.
Quello che mi è mancato pesantemente il primo anno era l’adrenalina di mettere il casco e di correre. Mi è mancato veramente tanto e il passaggio è stato abbastanza tosto e impegnativo. Dopo di che, come tutte le cose, c’è un’evoluzione e cambiano anche gli obiettivi. Oggi sono assolutamente contento di aver fatto questa scelta e di averla portata avanti, perché secondo me è la strada giusta per me.
[Credits immagine di copertina: Credits F1inGenerale]
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