Italia, la transizione al modello di Città 30 e ai nuovi limiti di velocità procede ormai da diversi mesi: ma stanno davvero funzionando?
Città 30 e nuovi limiti di velocità in Italia, è tempo di valutare se stanno davvero funzionando. Ad ormai quasi nove mesi dalla transizione bolognese al concetto di “Città 30”, così come la riduzione diffusa della velocità massima in strada in altre città italiane, i primi dati permeati permettono di analizzarne l’andamento. Tra incidenti e (falsi) spauracchi sull’inquinamento, vediamo cosa dicono i numeri.
Quello di Bologna è stato certamente il caso dal maggiore clamore giornalistico, ma la riduzione dei limiti di velocità, in Italia quanto in Europa, non parte dal capoluogo emiliano. Ci aveva pensato già Olbia, nel 2021, mentre, per quanto riguarda il Vecchio Continente, le limitazioni sono apparse fin dai primi anni ’90. Come spesso accade, tuttavia, le nuove norme fanno fatica a conquistare gli automobilisti italiani.
L’idea alla base del progetto “Città 30” è molto semplice: andando più piano, la sicurezza in strada aumenta. Velocità più basse implicano spazi di frenata ridotti, un tempo di reazione più permissivo in caso di pericolo e, seppure tutto dovesse andare storto, danni minori in caso di incidente. Ma, alla base del progetto, non c’è – o non dovrebbe esserci – soltanto un ritocco dei limiti di velocità.
Città 30: una rivoluzione della mobilità
Pensare che la soluzione si limiti ad una cieca riduzione della velocità massima consentita è limitativo, per non dire del tutto sbagliato. Molte critiche alle nuove normative, difatti, si basano sul rischio di ingorghi più lunghi, più lenti, più inquinanti e meno efficienti. In effetti, molte città, tanto in Italia quanto in Europa, sono costruite attorno all’utilizzo dell’automobile come mezzo di trasporto preferito dal cittadino.
Anche nelle città più caotiche, dove spostamenti brevi in automobile richiedono lunghe code nel traffico dell’ora di punta, le persone preferiscono – o sono costrette – a farne uso. Ma se, al contrario, questa limitata scelta diventasse più ampia e, sotto tutti i punti di vista, conveniente? L’obiettivo della nuova configurazione urbana che si sta facendo strada negli uffici della Commissione Europea è proprio questo.
Abbassare i limiti di velocità in auto non è la soluzione finale: le strade delle città devono subire una, talvolta radicale, trasformazione. Non solo dossi e ostacoli vari per rallentare forzatamente le automobili, ma anche nuove piste ciclabili, aree pedonali più estese, corsie preferenziali per il trasporto pubblico che, a sua volta, va finanziato, ottimizzato e ampliato.
Statistiche e Città 30: parlano i numeri
Se le argomentazioni teoriche non riescono a convincere il cittadino, potrebbero forse farlo i numeri. I dati non mentono, la matematica non sarà mai un’opinione. Partiamo dal Comune di Bologna, che questa estate ha diffuso un confronto fra le statistiche del periodo che va dal 15 gennaio al 14 luglio 2024 con le medie dei due anni precedenti.
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Il numero di incidenti totali è diminuito dell’11% (10,78%, per l’esattezza), così come quello delle persone ferite (-11,65%) e dei decessi (-33,33%). Sono diminuiti gli incidenti più gravi, quelli classificati come “codice rosso” (-37,8%), mentre sono aumentati quelli che coinvolgono i ciclisti (+13.77%), ma attenzione: gli spostamenti in bicicletta sono aumentati del 12%.
Se il caso di Bologna non bastasse, basta consultare lo studio “Review of City-Wide 30km/h Speed Limit Benefits in Europe” dell’Università di Atene. Raccogliendo dati da quaranta città europee (fra cui Londra e Parigi), i risultati sono chiari: gli incidenti mortali hanno subito una drastica riduzione (-37%), così come sono state registrate minori emissioni (-18%).
Le Città 30 inquinano di più?
Sul piano dell’inquinamento e delle emissioni, i critici delle Città 30 trovano terreno più fertile. Limiti di velocità più stringenti implicano tempi di percorrenza maggiori, per non parlare dell’efficienza delle motorizzazioni più diffuse, che danno il meglio di sé intorno ai 70 chilometri orari. A supporto di questa tesi è corretto citare uno studio dell’MIT sull’eventuale introduzione dei nuovi limiti a Milano.
Secondo tale studio, le emissioni nel capoluogo lombardo aumenterebbero tra l’1,5% e il 2,7%. Sorge, tuttavia, una forte limitazione alla validità dei dati proposti: non viene considerata l’eventuale riduzione del numero di automobili in circolazione dopo la transizione.
Lo abbiamo anticipato: diventare “Città 30” non significa semplicemente limitare la velocità dei veicoli in strada, ma trasformare del tutto il tessuto urbano. Come nel caso di Bologna, limiti più stringenti favoriscono mezzi di locomozione alternativi, così come opere di riprogettazione della mobilità urbana favoriscono l’uso del trasporto pubblico. E, con meno auto in strada, diminuiscono anche le emissioni.
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