La morte di Ayrton Senna è ancora una ferita aperta, difficile da rimarginare. Un campione che ha lasciato il mondo per motivi che si sarebbero potuti evitare. Senna Ratzenberger
Ormai sono passati 24 anni dal terribile weekend di Imola, il quale aveva portato via più piloti che pezzi di carbonio. Il weekend non era iniziato bene con l’incidente avuto da Barrichello durante le libere del venerdì.
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Il pilota brasiliano, con la sua Jordan, decolla ad oltre 200 km/h sul cordolo, terminando contro le barriere di protezione. Le immagini seguenti furono di terrore, vedendo Barrichello inerme con il volto sanguinante. Venne portato all’ospedale Maggiore di Bologna, nel quale vennero riscontrate fratture al naso e contusioni alla mano e alle costole.
Purtroppo per il motorsport, l’ospedale Maggiore dovette “visitare” altri piloti in quel weekend.
Sabato 30 aprile
Durante la sessione di qualifiche la Simtek di Ratzenberger, priva di una parte dell’ala anteriore, si schiantò contro il muretto della curva Villeneuve. Il pilota tedesco, a seguito del grande impatto, ebbe una frattura alla base toracica. Nulla è servito l’arrivo in elicottero all’ospedale Maggiore, poiché Ratzenberger era già morto.
Nonostante i continui incidenti gravi avuti sul tracciato, la commissione gara non interruppe o sospese l’evento, poiché “the show must go on”.
Domenica 1 Maggio
La gara fu il culmine di un weekend tragico e doloroso per il motorsport. Alle 14:17 la Williams di Ayrton Senna va diritta contro il muretto della curva Tamburello, anziché girare a sinistra. Quando i medici giunsero alla monoposto del campione brasiliano si erano già accorti della gravità della situazione; fratture multiple al cranio inoperabili.
Tutti gli amanti del motorsport pensarono che quel movimento del capo di Ayrton fosse un gesto di conforto, invece come ha dichiarato Maria Teresa Fiandri, primario di Rianimazione dell’ospedale Maggiore, era un segno della gravità della situazione.
All’ospedale di Bologna hanno provato a salvare il salvabile, ma alle 18:40 Maria Teresa Fiandri dichiarò la morte del campione Ayrton Senna.
Ad oggi sono passati ben 24 anni dalla terribile vicenda ad Imola. Le cose sono cambiate: monoposto più sicure, tecnologie più avanzate e la FIA che impone norme rigide sulla sicurezza.
Quando si ricorda il grande Ayrton si promette che episodi del genere non averranno mai più, ma questa promessa viene rispettata?
Ahimè no. Come detto in precedenza, la Formula 1 è uno spettacolo, di conseguenza deve andare avanti a prescindere dalle circostanze. Nel corso degli anni abbiamo assistito a situazioni che si sarebbero evitate, se la direzione gara e la FIA avessero messo al primo posto la salute del pilota e non allo spettacolo.
Solo durante il weekend di Baku abbiamo visto e analizzato situazioni che sarebbero potute diventare tragedie, se il destino l’avesse voluto, poiché la FIA ha deciso di continuare la gara a tutti i costi, decidendo di non mostrare bandiera rossa.
Oppure Suzuka 2014, quando la FIA ha messo solo la doppia bandiera gialla e non la rossa, facendo sì che il povero Bianchi andasse dritto sulla gru, la quale stava caricando la monoposto di Sutil.
Sono passati ben 24 anni da quanto è andato via un grande come Senna, ma la FIA, per certe cose, non è mai cambiata da allora. Non bisogna solamente commemorare Ayrton, ma anche ricordarci come se n’è andato.