La nuova stagione di Formula 1 è ripartita e, come suo primo Gran Premio, ha scelto il Bahrain. Il paese è divenuto bersaglio delle critiche di Lewis Hamilton: è inappropriato per un’organizzazione sportiva di prestigio gareggiare in luoghi che violano i diritti umani.

Lewis Hamilton ha sempre avuto il coraggio di parlare di questioni che, secondo alcuni, poco c’entrano con la Formula 1.
Dalla battaglia contro le ingiustizie razziali all’importanza di preservare l’ambiente, il pilota non si è mai tirato indietro.
In occasione dell’inizio della nuova stagione, ripartita in Bahrain, le dichiarazioni dell’inglese tornano a far discutere.
Lewis Hamilton ha esortato la Formula 1 a non ignorare le violazioni dei diritti umani che avvengono nei paesi in cui si svolgono le gare.
Il Bahrain, infatti, è stato più volte accusato di “sportswash”: ossia utilizzare competizioni sportive di alto livello per fornire un’immagine positiva del Paese.
Le stesse accuse sono state rivolte anche ad altri GP, come quello in Arabia Saudita o Azerbaijan.
Il pilota inglese ha così dichiarato: “Non credo che dovremmo andare in questi paesi e ignorare ciò che sta accadendo lì. Arrivare, divertirsi e poi andarsene. I diritti umani, non credo, dovrebbero essere una questione politica“.
Il sette volte campione, l’anno scorso, sperava persino di poter discutere con il principe ereditario del Bahrain, Salman bin Hamad Al Khalifa, sul tema dei diritti umani.
Qual è l’origine dell’attivismo del pilota?
Lo scorso novembre, Hamilton ha ricevuto delle lettere. Persone che denunciavano la violenza e gli abusi sessuali subiti nel paese.
“Le lettere hanno pesato abbastanza su di me, era la prima volta che accadeva durante uno dei miei viaggi. Così, negli ultimi mesi, mi sono preso del tempo per cercare di istruirmi”.
La lettera di maggiore impatto è stata quella dell’undicenne Ahmed. Il ragazzo denunciava il trattamento ricevuto dal padre, incastrato in un caso di omicidio e torturato in carcere.