Nelle ultime ore, forse sollecitati e alimentati da un certo grado di sensazionalismo, si sono letti moltissimi pareri su quanto accaduto durante il GP di Russia. Uno degli episodi più controversi ha sicuramente coinvolto Sebastian Vettel, ritiratosi al giro 28 a causa di un preoccupante malfunzionamento della sua MGU-K. Ripetere quanto sostenuto da molti sembra quasi ridicolo: Vettel fermatosi volontariamente per danneggiare la gara di leclerc, addirittura saltando giù dalla macchina a mo’ di sfottò. Naturalmente, non è questo lo spirito che ha animato il pilota tedesco né il muretto Ferrari. Ne andava, potenzialmente (e il gioco di parole è voluto), dell’incolumità di pilota e meccanici. Vediamo perché. Sebastian vettel F1
Alta tensione Sebastian Vettel F1
Nei messaggi scambiati fra il muretto Ferrari e Vettel nei concitati momenti che hanno preceduto il suo ritiro si percepisce tutta la preoccupazione dell’ingegnere di pista Riccardo Adami. Quest’ultimo, che pochi secondi prima gli aveva confermato il rientro ai box, interviene perentoriamente per richiedere l’immediato spegnimento della vettura. Subito dopo, con un Vettel attonito, si richiede che il pilota scenda dalla macchina effettuando un cosiddetto “safe jump“.
Le ragioni di queste richieste dovrebbero togliere al commentatore informato qualsivoglia dubbio sulla situazione creatasi e sulla sua pericolosità. L’isolamento dell’Energy Recovery System era stato compromesso, come evidente dall’accensione del led viola ai lati dell’airscope. Questa luce di sicurezza segnala la possibilità che la macchina sia “electrically unsafe”. Veniamo dunque a quelli che sono princìpi assolutamente elementari, la cui conoscenza ci è peraltro fondamentale nella vita di tutti i giorni per la nostra incolumità.
Quando l’isolamento si danneggia, parti dell’impianto elettrico che normalmente non sono in tensione assumono in maniera accidentale una tensione estremamente pericolosa. Negli spazi angusti di un abitacolo di monoposto, quindi, il pilota subisce un cosiddetto contatto elettrico indiretto, acquisendo di conseguenza il potenziale elettrico in questione.
Ad essere eventualmente fatale per il pilota è la differenza di potenziale che viene a instaurarsi con il potenziale elettrico del terreno. In termini elementari, se una qualunque parte del corpo del pilota entra a contatto con il suolo mentre una qualunque altra parte è ancora a contatto con la vettura, una scarica elettrica dalle conseguenze devastanti percorrerà il suo corpo da capo a piedi. Per questo, quindi, la cosiddetta “messa a terra”, prima e assolutamente fondamentale misura di protezione in questi casi, va svolta proprio come indicato a Sebastian. A chi vi scrive sembra evidente che ricondurre l’incolumità di una persona a uno “sfottò” sia quantomeno riduttivo.
Perché proprio lì?
Una volta risolta questa incomprensione, rimane una domanda: perché non continuare fino ai box, evitando a tutti i costi il contatto di Sebastian con il terreno? In fondo, rimanendo all’interno della vettura, l’eventuale dispersione di corrente è immessa nella rete conduttiva a terra, non nel pilota. La risposta è tutto sommato semplice: il problema è della vettura, non di Sebastian. Un qualunque tipo di contatto, seppure accidentale, con la vettura (un fotografo distratto in pit lane, un meccanico senza le adeguate protezioni indaffarato) poteva costare la vita a chi ne fosse rimasto coinvolto. Le procedure di sicurezza seguite dai marshall, peraltro confacentemente equipaggiati per queste circostanze, si innescano immediatamente, senza far correre inutili rischi agli addetti ai lavori. Una VSC, in fondo, val bene una vita.
F1 | La causa del ritiro di Vettel – Non poteva tornare ai box?