Il web e i social stanno letteralmente straripando di commenti e post sulla controversa decisione dei commissari di gara di domencia, che hanno comminato a Sebastian Vettel una penalità in tempo di 5 secondi. Se ne leggono di ogni, da interpretazioni fantasiose, a processi su ogni livello, oltre a insulti vari ai commissari e alla FIA. Ferrari Ricorso Penalità Speranze
Vogliamo qui provare a fare chiarezza sugli errori più comuni che abbiamo trovato in rete dando spiegazioni il più possibile oggettive e cercando di fornire i mezzi per farsi un’opinione corretta su quanto avvenuto. Ferrari Ricorso Penalità Speranze
Il documento con la decisione dei commissari: Ferrari Ricorso Penalità Speranze
Anzitutto vediamo il documento con la decisione dei commissari: Ferrari Ricorso Penalità Speranze
I commissari scrivono che:
“I commissari hanno rivisto le prove video e hanno determinato che la Vettura numero 5 ha lasciato la pista alla curva 3, è ritornata in pista alla curva 4 in una maniera non sicura e ha forzato la Vettura 44 fuori pista. La vettura 44 ha dovuto effettuare una manovra evasiva per evitare la collisione.”
Nel documento balzano all’occhio due cose:
1) non fanno riferimento ai dati telemetrici o alle dichiarazioni delle squadre, per cui la decisione è stata presa solo guardando i video delle telecamere e degli onboard.
2) non si fa riferimento diretto alla regola infranta dal pilota, ma viene descritto il comportamento falloso direttamente.
Bisogna quindi capire a quale regola si riferiscono partendo direttamente dalle loro parole. È facile desumere che la regola riguarda l’articolo 27, cioè la parte relativa alla guida (quindi la condotta in pista del pilota). In particolare all’ultimo paragrafo della regola 27.3
La Regola Ferrari Ricorso Penalità Speranze
L’ultimo paragrafo della regola 27.3 dice che:
“Se una vettura dovesse lasciare il tracciato il pilota può rientrare. Comunque ciò può essere fatto soltanto quando è sicuro farlo e senza guadagnare nessun vantaggio duraturo. Alla assoluta discrezione del direttore di gara, un pilota può avere l’opportunità di dare indietro l’intera parte di qualsiasi vantaggio che ha guadagnato lasciando la pista”.
Quindi quali aspetti sono entrati in gioco nella valutazione dei commissari? Vediamoli insieme.
La decisione seduta stante Ferrari Ricorso Penalità Speranze
È accaduto spesso in passato che in occasioni come queste dove in gioco c’è la vittoria del GP i commissari scegliessero di investigare l’accaduto dopo la gara. Ciò per poter sentire direttamente i punti di vista dei piloti ed analizzare i dati telemetrici forniti dai team. In questo caso non è avvenuto ed è facile chiedersi perché. A questo rispondiamo con un’ipotesi che però ci appare molto verosimile. Riteniamo infatti che le direttive ricevute dai commissari siano di evitare ad ogni costo i podi sub judice per questioni di immagine ed economiche. Per cui anche se ciò è significato avere meno informazioni a disposizione, è verosimile ritenere che i commissari avessero grande pressione su questo argomento.
La volontarietà Ferrari Ricorso Penalità Speranze
Abbiamo letto in tantissime pagine che la regola non parla di volontarietà, per cui vale per comportamenti volontari o involontari.
Ciò è un errore:
I comportamenti involontari in quanto tali non sono punibili. Se il regolamento volesse punire un atteggiamento colposo lo dovrebbe esprimere apertamente per annullare argomenti di difesa in tal senso. In questo caso non si specifica che il pilota deve rientrare in maniera volontaria o involontaria, per cui si intende che i comportamenti sanzionabili sono solo quelli per l’appunto volontari.
Ma questo è anche logico, per fare un esempio: qualora per assurdo valesse anche l’involontarietà, nel caso vi fosse un incidente e un’auto coinvolta finisse in testacoda uscendo e rientrando in pista a quel punto sarebbe sanzionabile per non essere rientrata in pista in maniera sicura. Questo fa capire che solo la volontarietà ha un senso nella regola, per cui vengono puniti i comportamenti coscienti e le decisioni del pilota.
L’applicazione “alla lettera” e le “mani legate” dei commissari
Un’altra voce che si legge spesso è che il problema in realtà risiede nella regola stessa e che i commissari con un regolamento del genere hanno le mani legate e sono obbligati ad applicarlo. Inoltre molti dicono che la penalità è stata inflitta perché i commissari hanno applicato il regolamento alla lettera e sono stati quindi troppo severi nella mera applicazione della regola.
Anche questo è formalmente sbagliato.
Una regola si applica “alla lettera” quando definisce dei parametri precisi di applicazione senza presupporre un intervento interpretativo di chi giudica.
Facciamo anche qui un esempio: la regola del tempo minimo da rispettare con bandiera rossa. In caso di bandiera rossa, anche in prova libera, i piloti sono tenuti a rispettare un tempo minimo imposto dalla FIA nel giro di rientro. Se il pilota non rispetta il tempo minimo viene penalizzato. È successo ad Austin a Sebastian Vettel l’anno scorso ad esempio. Questo è un caso dove la regola deve essere applicata “alla lettera” e i commissari hanno “le mani legate”. In quel caso infatti non c’era nessuna situazione di pericolo reale, ma questo dice la regola e non si può interpretare, i commissari in quel caso erano obbligati a comminare la penalità.
Il caso dell’ultimo paragrafo della regola 27.3 è molto diverso. L’unica cosa che viene specificata infatti è che il pilota può rientrare in pista solo quando è sicuro farlo.
La valutazione sul fatto che il pilota abbia preso la decisione volontaria di rientrare in pista in quel punto e in quel momento e che il modo in cui l’abbia fatto sia in modo sicuro è interamente una valutazione dei commissari. Per cui la decisione della penalità è stata una decisione (giusta o sbagliata che sia) presa dai commissari che non hanno meramente applicato una regola, ma hanno fatto le loro valutazioni.
Il parere legale
Abbiamo chiesto anche un parere legale in merito e ci è stato confermato che:
In realtà, rispetto alla regola richiamata dai commissari, ha poco senso parlare di applicazione “alla lettera”, trattandosi di una disposizione che fa rinvio ad un concetto generale che è l’interprete a definire di volta in volta attraverso le proprie valutazioni.
Non siamo, cioé, di fronte ad una prescrizione che pone un criterio oggettivo quale, ad esempio, un limite di velocità, per cui l’attività dell’interprete si limita a verificare se sia stato superato o meno, esitando in un giudizio che sarebbe identico per chiunque fosse chiamato a formularlo. […]
È dunque questa una norma che, per la stessa tecnica con cui è scritta, non lascia spazio ad alcuna applicazione “alla lettera”, perché obbliga l’interprete ad effettuare una valutazione, un giudizio, sul grado di sicurezza della manovra.[…]
Per concludere, i commissari in Canada non avevano a disposizione alcuna regola da applicare “alla lettera”, ma, per decidere se penalizzare Vettel, sono necessariamente dovuti passare attraverso una valutazione discrezionale del grado di sicurezza della sua manovra di rientro, compiendo un giudizio che è tecnicamente scorretto definire “imposto”, “dovuto”, o “obbligato”, ma che è pienamente ascrivibile – corretto o meno – alla loro scelta e alla loro responsabilità.
Comunque, errore o no, rispetto ed educazione verso i commissari
Qui è però importante aprire una parentesi importante. I commissari, Pirro tra loro, sono professionisti e senza ombra di dubbio in buona fede. Sanno che il tema principale in gioco è la sicurezza e hanno come (nobilissima) missione quella di tutelarla con ogni mezzo. Per questo devono essere rispettati e trattati in maniera consona e civile. Se si ritiene che la decisione di ieri sia un errore bisogna sempre ricordarsi che tutti possono commettere errori nel corso del proprio lavoro e non meritano per questo insulti o minacce, ma semplicemente l’opportunità di spiegarsi e chiarire. Visto quanto ricevuto sulla pagine di Emanuele Pirro in questi giorni non possiamo che esprimergli la nostra solidarietà, sia che la sua scelta sia stata corretta o errata.
I precedenti
Nella storia recente della Formula 1 ci vengono in mente 2 precedenti che in qualche modo possono essere considerati analoghi a questo caso.
- Hamilton vs Ricciardo – Gran Premio di Monaco 2016. In quel caso Hamilton sotto la pressione di un arrembante Daniel Ricciardo sbagliò la staccata della chicane del porto, finendo per tagliarla. Rientrò con una traiettoria sfalsata rispetto a Ricciardo che si infilò quindi nel varco aperto ma Hamilton lo strinse contro il guard rail per non farlo passare. Ricciardo si lamentò ma in quel caso Hamilton non fu penalizzato.
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- In cosa è uguale: entrambe le situazioni nascono col pilota davanti che sbaglia e finisce fuori pista per un suo errore e poi costringe il suo avversario vicino alle barriere
- In cosa è diverso: in quel caso Ricciardo non venne spinto “fuori pista” come si è contestato a Sebastian Vettel. Da dire che essendoci i guard rail a Monaco spingere fuori pista significa semplicemente spingere contro il muro per cui chi afferma che la differenza tra i due casi è questa commette a parer nostro un errore.
- Verstappen vs Raikkonen – Gran Premio del Giappone 2018. In quell’occasione Verstappen andò lungo all’ultima chicane uscendo di pista. Seguì poi la pista e rientrò allargando la traiettoria e andando a colpire la Ferrari di Kimi Raikkonen. All’olandese venne comminata una penalità di 5 secondi.
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- In cosa è uguale: come nel caso precedente il pilota davanti sbaglia e finisce fuori pista per un suo errore. Inoltre in questo caso il corpo a corpo con l’avversario avviene direttamente nell’atto di rientrare in pista quindi è concettualmente molto simile.
- In cosa è diverso: Verstappen in quel caso non perse praticamente mai il controllo della sua monoposto una volta arrivato lungo. Il punto dove uscì inoltre gli consentiva di scegliere punto e modalità di rientro in pista (seppur ovviamente in attimi concitati) e vedendo il video apparve chiaro che si preoccupò di rientrare in pista allargando il più possibile la traiettoria per coprire la posizione su Raikkonen. L’altra macro differenza è che in quel caso ci fu un contatto con danni tra le due vetture che Kimi non riuscì ad evitare. Quella di Verstappen in questo caso appare quindi come un’azione deliberata: ha scelto come quando e dove rientrare in pista. Se i commissari hanno valutato un’analogia tra i due casi significa che hanno ritenuto quella di Vettel un’azione altrettanto deliberata.
L’appello
Altra cosa che si è sentita è che “la FIA ha consentito a Ferrari di fare appello” spesso correlata con “probabilmente visto l’errore dei commissari”.
Anche questo è formalmente sbagliato.
La frase nel comunicato della penalità è una frase standard che ricorda che “i team hanno diritto di fare appello per certe decisioni degli Stewards”. Semplicemente questa non rientrerebbe tra le decisioni appellabili. L’appello non è una facoltà che viene concessa o meno. Tutti possono fare appello ad una qualsiasi decisione. Il tribunale poi giudica l’ammissibilità dell’appello stesso. Se la decisione in questione non è considerata appellabile, il tribunale semplicemente ritiene inammissibile l’appello e non procede oltre.
Fa bene Ferrari a fare appello?
Cercando di essere obiettivi e di porci nei panni Ferrari le risposte sono che: sì, fa bene a fare appello, per una questione puramente politica. È evidente che il peso politico della Scuderia è ai minimi storici e “battere i pugni” facendo vedere che non si accetta passivamente ogni decisione è una scelta che nell’equilibrio globale è probabilmente una scelta giusta.
…e ha speranze?
L’altra risposta è che al 99,99% non ha alcuna speranza. Perché al di là di cavilli su cui in queste ora si staranno probabilmente accapigliando i legali della Scuderia, ci risulta che questo tipo di penalità sia inappellabile, punto. Sarebbe in ogni modo molto difficile riuscire a far disconoscere al tribunale una decisione dei commissari, giusta o sbagliata che sia. Si creerebbe infatti un precedente molto pericoloso, screditando l’operato dei commissari stessi. Diventerebbe praticamente automatico che ogni decisione dubbia finirebbe per generare appello, rendendo tutte le gare sub judice, decise poi nelle aule di tribunale.
Per cui, a meno che i legali del cavallino non facciano un miracolo più grande ancora di quello che aveva fatto Vettel in pista da quel punto di vista bisogna pensare la cosa come una mossa politica e sportivamente guardare al prossimo Gran Premio, in Francia.
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