Tra intelligenza artificiale e mancanza di idee in Red Bull, Adrian Newey spiega come nascono i suoi momenti “Eureka”.
“Ho trovato“. Questa, forse, la traduzione più affine a quel termine attribuito ad Archimede che Adrian Newey ha voluto usare per descrivere il suo approccio alla progettazione in Red Bull.
Perché sì, anche chi, come l’inglese, ha vinto ben 25 titoli, di cui l’ultimo con una delle vetture più dominanti di questo sport, ha fasi in cui le idee scarseggiano o mancano del tutto.

“Il subconscio lavora in un modo incredibile“, spiega Newey a Top Gear. “Mi è capitato mille volte di bloccarmi mentre progettavo qualcosa. addirittura di arrendermi. Semplicemente lasciavo perdere“.
“Ecco che poi, magari dopo settimane o addirittura mesi trovavo la soluzione. Sono i miei momenti Eureka“.
“Come una sorta di scintilla“.
Lavoro in team e lo spettro dell’intelligenza artificiale:
Complici del successo della Red Bull sono anche Pierre Wache e Ben Waterhouse, con cui Newey condivide il lavoro quotidiano.
“Collaborare con loro è particolarmente soddisfacente per me. Testiamo tante idee e l’obbiettivo è quello di incentivare la creatività, mai di sopprimerla. Il tutto rimanendo efficienti, specie con il budget cap in vigore“.
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A rendere celebre il progettista inglese è, infine, il suo approccio all’antica. Taccuino durante i weekend di gara e tavole da disegno in fabbrica. Il tutto in antitesi rispetto ad una progettazione sempre più digitalizzata.
“Difficile dire quando, ma l’intelligenza artificiale arriverà anche nel nostro settore“, conferma.
“Da anni utilizziamo sistemi informatici in grado di simulare ogni tipologia di forza o interazione. Sono utili, ma mai in grado di sostituire l’uomo“.
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