F1 | Formula 1 vs IndyCar: similitudini, differenze e il ruolo di Red Bull

Formula 1 ed IndyCar sono le massime espressioni del motorismo a ruote scoperte: vediamo come Red Bull ha un ruolo fondamentale in entrambe.

Formula 1 contro IndyCar: qualche similitudine, tante differenze e un denominatore comune nel ruolo che Red Bull. Le due massime espressioni del motorismo a ruote scoperte vengono spesso messe a confronto. Protagoniste anche di dinamiche d’orgoglio territoriale, fra europei e statunitensi, sono in realtà capolavori della tecnica di egual pregio.

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Pato O’Ward in pista durante le qualificazioni della 500 Miglia di Indianapolis, nel 2019 – @Red Bull Content Pool

Partiamo dalle basi, ma che poi sono fondamentali per comprendere alcune sostanziali dissimilitudini: entrambe le serie corrono su circuiti chiusi, classici, e su circuiti cittadini. Le IndyCar, però, sono assidue frequentatrici dei tracciati ovali, come Indianapolis, e hanno caratteristiche tecniche che generano da quel tipo di circuiti.

Bisogna comprendere due importanti effetti che derivano dai tracciati usualmente frequentati. La monoposto di Formula 1 vogliono avere grande accelerazione e altissima velocità di percorrenza nelle (brevi) curve del Mondiale. Al contrario, le IndyCar puntano sulla velocità di punta, mentre devono bilanciare la downforce nei curvoni ovali: i piloti, infatti, devono sopportare forza G positiva per più tempo consecutivo.

Gli effetti di queste filosofie distinte sono evidenti: oltre 390km/h di velocità massima per le IndyCar, mentre le Formula 1 si “fermano” a circa 372km/h. Al contrario, però, le monoposto del Circus generano 2.0G in accelerazione e 5.0G in curva, contro i rispettivi 1.6G e 4.5G delle vetture Indy.

Serie Prototipi vs Serie Spec

I team di IndyCar non sviluppano autonomamente le proprie monoposto. Il telaio viene fornito da Dallara, mentre i motori sono Honda o Chevrolet, V6 da 2,2 litri bi-turbo. I team hanno libertà di azione da un punto di vista ingegneristico particolarmente limitata, quindi, e si concentrano sul limare il pacchetto da loro acquistato.

Max Verstappen in pista a Las Vegas – @Red Bull Content Pool

In Formula 1 è l’esatto opposto: i team sviluppano gran parte delle proprie monoposto, tranne dispositivi elettronici come l’ECU, ma anche l’halo e le impact-structure laterali. I motori sono dei turbo da 1,6 litri con un doppio sistema ibrido, per un totale di 1000 cavalli, contro i 700 delle IndyCar del 2023.

Questa differenza porta a sostanziali variazioni di peso: una Formula 1, senza carburante, pesa 715kg, mentre una vettura Indy arriva a 771kg. Una produzione di componenti più massiccia detta necessariamente un peso maggiore, rispetto alle monoposto prototipo. Differenza di peso che diviene ancor più giustificabile dal momento che si considerano i sistemi di sicurezza, di cui parleremo fra poco.

Per quanto riguarda la lunghezza delle macchine, va tenuto presente l’obiettivo delle Formula 1: generare la più alta downforce possibile per favorire le velocità in curva. Questa si realizza aumentando la superficie a contatto con l’aria e, di conseguenza, le dimensioni delle monoposto. Le vetture Indy, comunque, non sono da meno: 5.63m di lunghezza nel Circus, contro i 5.12m delle americane.

L’impatto di Red Bull sulla sicurezza

Dove risiedono le maggiori differenze fra Formula 1 e IndyCar è nei sistemi di sicurezza. Come dicevamo, negli USA c’è l’abitudine di frequentare circuiti ovali, caratterizzati dalle altissime velocità e i conseguentemente altissimi rischi.

L’aeroscreen (come in copertina) testato da Ricciardo a Sochi, nel 2016 – @Red Bull Content Pool

Se in Formula 1 è diffuso l’utilizzo di tiranti flessibili per tenere le ruote, l’ala posteriore e l’impact-structure posteriore collegati alla vettura in caso di impatto, in IndyCar si va oltre: i tiranti sono introdotti anche per tenere il muso fisso alla monoposto. Un sisitema risultato vitale neglli impatti ad altissima velocità, con questi componenti che, altrimenti, rischierebbero di essere riportati in traiettoria di gara.

Diversi sono anche i sedili: in IndyCar essi dispongono di un’imbottutitura anche nella parte inferiore, per prevenire infortuni nel caso la monoposto si staccasse da terra e ricadesse violentemente al suolo.

Ma dove le vetture statunitensi sono più avanzate è nell’aeroscreen, un dispositivo studiato da Red Bull e perfezionato con Dallara. Si tratta, in sostanza, di un halo con parabrezza incorporato che, al costo di qualche problema di visibilità e rapidità di fuga dalla vettura, riesce a proteggere completamente il pilota.


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È dotato di tear-off, proprio come le visiere dei piloti, nel caso di sporco. Con la pioggia, invece, la curvatura della sua superficie favorisce il deflusso dell’acqua. Dallara sta testando anche una soluzione per generare dei vortici diretti sull’aeroscreen, pr favorirne la pulizia.

E, in caso di caldo estremo, come risolvono il problema i piloti, non avendo aria diretta nell’abitacolo? Con un tubo collegato al casco, da cui un flusso d’aria investe il pilota e favorisce il mantenimento di temperature “umane”.

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