Una pessima gestione di una situazione di pericolo a Suzuka ha messo a repentaglio la vita di Lewis Hamilton.
Tante, decisamente troppe variabili sono state lasciate al caso nel corso del Gran Premio del Giappone, costituendo un attentato alla vita dei piloti e degli addetti ai lavori. Hamilton vita
Il motorsport è una disciplina di cui il rischio ne costituisce una caratteristica intrinseca. Ogni weekend i piloti accettano tale possibilità, sedendosi in un abitacolo da cui non hanno la certezza di uscire.
Accettare i rischi delle corse per tutelare l’obiettivo di tagliare il traguardo in prima posizione. tuttavia non deve portare a ritenere come inevitabili o come componenti legittime del gioco i pericoli superflui. Ecco quindi che è compito di tutti gli addetti ai lavori, vale a dire piloti, stewards e squadre, di lavorare per evitare che un cambiamento nelle normali condizioni di gara possa costituire un pericolo aggiuntivo a quelli già normalmente presenti in una corsa automobilistica.
L’episodio
A Suzuka questa alterazione delle normali condizioni di svolgimento del Gran Premio si è verificata al primo giro. Un contatto tra Max Verstappen e Charles Leclerc danneggia l’ala anteriore della Ferrari, il cui endplate si stacca parzialmente andando a strisciare contro l’asfalto. Lo specchietto retrovisore sinistro inoltre perde il supporto esterno, iniziando a vibrare alle alte velocità.
Nel corso del secondo giro l’endplate dell’ala della Ferrari vola via, andando a impattare a 300 km/h sullo specchietto retrovisore destro della Mercedes di Lewis Hamilton che seguiva il monegasco, nonostante l’inglese provi a effettuare una manovra evasiva. I detriti dello specchietto investono quindi anche la Mclaren di Carlos Sainz in quinta posizione.
Come si nota dalle immagini scattate nel dopo gara, l’halo della Mercedes presenta i segni dell’impatto con il detrito di carbonio, a testimonianza di come il dispositivo abbia evitato che venisse colpita la testa del pilota.
La pletina de ala delantera de Leclerc impactó en el halo y espejo de Hamilton.
Leclerc's front wing endplate hit Hamilton's halo and mirror. pic.twitter.com/hjxPZlJYCN
— Albert Fabrega (@AlbertFabrega) October 13, 2019
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La fibra di carbonio è un materiale estremamente leggero, fattore che ha portato erroneamente molti a considerare il detrito poco pericoloso. Supponendo realisticamente che il componente avesse una massa di 200 grammi, la sua energia cinetica a 200 km/h (supposizione della velocità relativa di impatto) è pari a quella di un blocco da 80 kg a 10 km/h.
L’impatto del pezzo di carbonio contro il casco di Hamilton avrebbe quindi avuto lo stesso effetto di un urto contro una massa di 80 kg (circa quattro volte una palla da bowling) concentrata in un corpo piccolissimo lanciata a 10 km/h.
La massa del corpo e la velocità d’impatto sconosciute lasciano comunque parecchi interrogativi sul valore effettivo dell’energia associata al detrito. Valutando tuttavia il risultato ottenuto con delle supposizioni realistiche, non sarebbe stato saggio aspettare l’impatto per scoprire i danni effettivi che il componente avrebbe potuto arrecare.
Oltre ai possibili danni che un impatto simile avrebbe potuto arrecare ad Hamilton, non bisogna trascurare che lo stesso pezzo avrebbe potuto colpire anche un commissario, un fotografo o uno spettatore.
La cronaca di una catena di errori
Appurato che il pericolo fosse concreto e reale, sorgono tanti interrogativi sulla gestione dell’episodio.
La direzione gara ha comunicato al muretto Ferrari di fermare il monegasco per sostituire l’ala anteriore. Leclerc tuttavia non era in grado di vedere i danni alla propria vettura se non quelli sullo specchietto. Sentendosi a suo agio nella vettura quindi ha deciso ti proseguire.
Charles ha quindi una percentuale di colpa per non aver obbedito all’ordine di rientrare. Allo stesso tempo però il box Ferrari non è stato sufficientemente deciso e chiaro nella comunicazione con il pilota. Hamilton vita
Se la direzione gara inoltre avesse deciso di esporre la bandiera nera col disco arancione, prevista dal regolamento proprio per costringere una vettura a fermarsi ai box, Leclerc non avrebbe avuto più dubbi sul fatto che la sosta fosse stata imposta dai commissari e che in quel momento lui costituisse un pericolo in pista.
L’insieme di questi tre fattori ha fatto sì che la Ferrari sia effettivamente rientrata ai box troppo tardi, quando la tragedia poteva già essere avvenuta.
Il fattore specchietto
Oltre all’indecisione nel far rientrare la vettura, vi sono stati altre due episodi conseguenti all’incidente del primo giro.
Lo specchietto sinistro della SF90 infatti, privo del supporto esterno, ha iniziato a vibrare alle alte velocità sotto l’azione delle turbolenze.
Leclerc ha quindi provato a mantenerlo fermo guidando a oltre 300 km/h con una mano sola. Lo specchietto si è staccato solo quando dopo la sosta il monegasco, non avendo altre vetture dietro, non ha più provato a reggerlo.
A Baku nel 2017 Lewis Hamilton guidò per circa due giri con una mano sola per tenere ferma la protezione laterale del cockpit, prima di essere costretto a fermarsi per fissare il problema.
Essendo lo specchietto un componente non sostituibile, non è stato sicuro da parte della federazione permettere alla Ferrari di tornare in pista con un pezzo che si sarebbe sicuramente staccato di lì a breve. C’erano quindi tutti gli estremi per valutare una possibile squalifica della vettura numero 16 per motivi di sicurezza.
Infine, sia Lewis Hamilton che Charles Leclerc hanno disputato l’intera gara senza uno specchietto retrovisore, con delle auto non conformi al regolamento e senza la possibilità di valutare la presenza di una vettura al proprio fianco in fase di sorpasso, andando quindi a costituire un pericolo per sé e soprattutto per gli altri. Hamilton vita
Alla luce anche di quanto sottolineato in precedenza, forse sarebbe il caso di valutare per il futuro un regolamento tecnico e sportivo che consenta la sostituzione degli specchietti in casi analoghi, onde evitare di dover costringere per sicurezza i piloti al ritiro per un componente simile.
La Formula 1 deve porsi delle domande su quanto visto in Giappone, con la tragedia di Hubert ancora vivida nei ricordi di tutti.