Il rigetto dell’istanza di revisione della controversa penalità che ha cambiato le sorti del Gran Premio del Canada chiude un caso destinato a non esaurirsi oggi. Nelle scorse settimane vi avevamo spiegato le procedure che avevano guidato le scelte della Ferrari nella gestione della vicenda. Oggi, invece, vi spieghiamo in che modo la Formula 1 ha davvero messo una pietra tombale sulla polemica, e perché non ha più senso parlarne. Sono due i profili che vengono in rilievo: vediamoli insieme. Vettel penalità
Il profilo tecnico-giuridico Vettel penalità
La copertura mediatica della vicenda, per tutto il suo svolgimento e in particolare negli ultimi due giorni, è stata caratterizzata da gravi imprecisioni, approssimazioni e vera e propria fallacia argomentativa. Alla notizia dell’abbandono del ricorso all’ICA, che già vi avevamo descritto come inammissibile, le teorie comparse in rete sono state fra le più disparate, e tutte da noi smentite. L’unica strada percorribile era il diritto di revisione così come previsto dall’art. 14 del FIA International Sporting Code. Articolo che, nemmeno alla conferma ufficiale della notizia, nessuno pare essersi preso la briga di leggere.
Chi aveva preannunciato l’ammissibilità dei nuovi elementi probatori presentati da Ferrari, basandola sulla semplice convocazione dell’hearing di rito, aveva evidentemente trascurato la natura duplice del giudizio di revisione, composto da due decisioni ben distinte e cronologicamente susseguenti. Una prima valutazione, infatti, riguardava proprio la rilevanza dei nuovi elementi presentati da Ferrari, determinata discrezionalmente dai giudici di gara. Questo era solo il primo step dell’eventuale revisione: quello che si è svolto solo oggi, quello che i media davano come già superato e quello dove la ricostruzione Ferrari della vicenda si è, di fatto, arenata. Solo al superamento di questo primo step si sarebbe, in linea assolutamente ipotetica, potuto procedere a una valutazione nel merito sull’effettiva correttezza della decisione contestata. Ed è proprio qui che è emerso un secondo, più interessante profilo.
Il profilo politico
Un’analisi meno superficiale dell’art. 14 ci consente di intuire che con oggi si è davvero messa la parola fine al “caso Vettel”. I commi 3 e 5 della disposizione in oggetto definiscono, infatti, i profili di impugnazione delle decisioni sorte dal diritto di revisione. Qui ci è di nuovo utile ricordare la duplice natura della pronuncia, perché duplici sono le conseguenze che ne derivano.
Dal comma 3 dell’articolo 14 risulta infatti la tassativa inappelabilità della valutazione sulla rilevanza degli elementi probatori. Ciò significa che, se gli stewards ritengono insufficienti o irrilevanti le prove addotte dalla parte, questa singola decisione non può essere più messa in discussione, nemmeno davanti ai Tribunali FIA. Il comma 5, invece, precisa che i normali meccanismi di appello previsti dalla Federazione rimangono a disposizione di chi intenda impugnare la successiva decisione sul merito. Come abbiamo già detto, la Ferrari si è fermata al primo step. Il collegio dei commissari ha così inteso sottrarre al Cavallino Rampante la possibilità di riuscire, finalmente, a portare la controversa sanzione al vaglio dell’ICA.
Ed è proprio questo tipo di pronuncia a farmi ragionevolmente dedurre che la presa di posizione, in questo caso, sia stata anche politica. La direzione gara avrebbe potuto tranquillamente ammettere le nuove prove presentate dagli uomini di Maranello, senza necessariamente essere costretta a modificare la propria decisione iniziale. Questo, però, avrebbe lasciato aperto lo spiraglio del ricorso in appello. Che poi gli elementi addotti da Ferrari fossero effettivamente eclatanti come promesso è fortemente opinabile. Certo è che la direzione di gara è stata dura nel chiudere la porta a Binotto, Mekies e Vettel. Il braccio di ferro, però, potrebbe spostarsi molto presto in ben altri scenari. vettel penalità