Il mondo del motorsport è ancora profondamente scosso dalla tragedia che è costata la vita di Anthoine Hubert. L’episodio ha riacceso i riflettori sul tema sicurezza nel motorsport, passato in secondo piano negli ultimi anni a causa dell’illusione che i passi avanti fatti per proteggere i piloti fossero tali da aver cancellato qualsiasi tipo di pericolo da questo sport.
L’incidente di Spa ha riportato tutti alla realtà, ossia che il pericolo sarà sempre una componente intrinseca delle corse. Sicurezza F1
Le discussioni sulla sicurezza non dovrebbero limitarsi a quando si verificano simili tragedie, ma dovrebbero essere sempre attuali. La scomparsa di Hubert costituisce quindi l’occasione per tornare a discutere attivamente su come migliorare la sicurezza di chi corre e chi assiste alle gare. Quanto segue non è una mera lista di provvedimenti da prendere. Si tratta piuttosto di spunti di riflessione per iniziare a ragionare, discutere e analizzare le possibili precauzioni per il futuro. Sicurezza F1
Uno dei punti fermi quando si parla di sicurezza è che non esiste una protezione unicamente valida. Qualsiasi precauzione venga presa costituisce sempre un’alterazione dell’ambiente in analisi, che può prevenire dei rischi, ma allo stesso tempo causarne altri. Per questo motivo bisogna allontanare l’dea di trovare la soluzione universale al problema della sicurezza, bensì abbracciare il concetto che ogni singolo caso in esame vada approcciato in maniera differente dagli altri.
Infine, pur analizzando anche alcuni fattori dell’incidente di Spa che hanno contribuito al suo esito tragico, le seguenti riflessioni puntano a una veduta più larga, per discutere su come prevenire la più ampia casistica possibile.
Vie di fuga in ghiaia: sono davvero la soluzione?
Uno dei temi più discussi dopo i fatti di Spa è l’assenza di vie di fuga in ghiaia in favore di quelle in asfalto. La via di fuga in ghiaia indubbiamente aiuta a rallentare le vetture prima dell’impatto contro le barriere. Nel caso dell’incidente in Belgio, avrebbe anche frenato la monoposto di Hubert dal rientrare in pista dopo l’urto con le gomme. Alcuni opinionisti inoltre hanno evidenziato come le vie di fuga in asfalto infondano maggior sicurezza ai piloti, che affrontano le curve prendendosi dei rischi sempre maggiori, perché un’eventuale uscita di pista non comporterebbe una grande perdita di tempo. In altre parole, le vie di fuga in asfalto ridurrebbero la percezione del pericolo.
Nonostante l’indubbia validità dei punti elencati di sopra, ve ne sono altri da valutare. Il primo è che l’erba o la ghiaia a ridosso del cordolo in uscita dalle curve veloci aumentano la probabilità di finire in testacoda qualora si andasse larghi, incrementando le probabilità di impatto con un’altra vettura. Lo stesso effetto ha anche lo sporco portato in pista dalla via di fuga non asfaltata.
Ad alte velocità inoltre la ghiaia ha il problema di favorire il decollo delle monoposto e in alcuni casi anche il ribaltamento. Lo stesso discorso riguarda i dissuasori all’esterno delle chicanes o i cordoli troppo alti.
Infine, sulla ghiaia le vetture perdono quasi completamente di direzionalità e risulta difficile per un pilota evitare un eventuale ostacolo. A riguardo, non sapremo mai se con una via di fuga in asfalto Bianchi sarebbe riuscito ad evitare l’impatto col mezzo di soccorso a Suzuka che gli costò la vita.
Le vie di fuga in ghiaia quindi sono uno strumento prezioso, ma il loro posizionamento e la relativa estensione vanno valutate con cura.
Sottovalutati i rischi in rettilineo
Sul tema delle vie di fuga, è impossibile non notare come queste siano quasi completamente assenti ai lati dei rettilinei. Le probabilità di contatto o incidente sono elevate anche sul dritto, ad esempio in fase di partenza o sorpasso. Le barriere posizionate a ridosso della sede stradale hanno l’effetto di mantenere sempre in pista un veicolo incidentato, aumentando a dismisura le probabilità di impatto tra due vetture a velocità diverse.
A riguardo, nel 2016 a Interlagos si sfiorò la tragedia. Raikkonen perse il controllo della propria vettura sul rettilineo, impattò contro il muro, rimase fermo in mezzo alla pista e fu evitato all’ultimo da una Manor che sopraggiungeva ad alta velocità. Le condizioni climatiche avverse inoltre rendevano quasi impossibile scorgere l’ostacolo da lontano ed evitarlo. Un episodio che sarebbe dovuto servire da monito per allargare le vie di fuga anche ai lati dei rettilinei e per ridurre il numero di tracciati cittadini in calendario, invece che continuare ad aggiungerne.
Il punto debole: gli impatti laterali
L’incidente di Hubert ha evidenziato il punto debole delle attuali monoposto, ossia l’impatto laterale ad alta velocità con una monoposto che procede dritta. Ai lati dell’abitacolo infatti, a causa della conformazione delle monoposto, non sono presenti altre componenti in grado di contribuire a dissipare l’energia dell’urto oltre alla cellula di sicurezza. Sicurezza F1
Il problema può essere aggirato in due modi: provando ad aumentare la robustezza degli abitacoli o diminuendo l’energia da dissipare in caso d’impatto. L’energia cinetica infatti, ossia quella legata al movimento di un corpo, è proporzionale alla massa del corpo stesso. Nel corso degli ultimi anni si è assistiti a un progressivo aumento del peso minimo, con vetture sempre più pesanti e quindi pericolose in caso di impatto reciproco. D’altro canto, una macchina più pesante vuol dire anche dotata di più componenti che aiutano a dissipare l’energia di impatto. Come sempre è impossibile stabilire quale sia il miglior compromesso senza delle opportune analisi. Sicurezza F1
L’importanza della sicurezza “nascosta” in F1
Vi è infine una serie di fattori che possono indirettamente contribuire alla sicurezza in pista. Uno di questi è la visibilità.
Il sistema halo ha già dato prova in altre occasioni della sua efficacia nel proteggere la testa dei piloti. Ma gli stessi piloti hanno anche evidenziato come il pilone di sostegno centrale costituisca un punto cieco nella visibilità frontale. Qualora vi fosse un ostacolo da evitare, l’halo ritarderebbe l’istante in cui questo viene percepito, riducendo il tempo a disposizione per evitare l’incidente.
Questo non deve portare a meditare l’abbandono dell’halo, bensì a riflettere su come migliorarlo o se esistano altri sistemi più efficaci.
La visibilità inoltre può essere migliorata anche lavorando sui circuiti stessi, abbattendo ad esempio ostacoli visivi non necessari là dove sia possibile.
La sicurezza dipende anche da un grande lavoro che dev’essere fatto dietro le quinte: elevata istruzione del personale di soccorso ad esempio, organizzazione e adeguate procedure in caso di emergenza e costante ammodernamento dei centri medici in circuito. Questo comprende una campagna di sensibilizzazione dei piloti più giovani sulle conseguenze delle proprie manovre per gli altri piloti, aumentando la severità delle penalizzazioni se necessario. Il tema riguarda anche gli unsafe release in pit lane, dove troppo spesso si trascura che un incidente in corsia box potrebbe coinvolgere anche i pedoni presenti, dai meccanici ai fotografi. La sicurezza non deve riguardare solo i piloti, bensì anche meccanici, stewards, media, commissari e tutti coloro che hanno accesso alla pista. Perché la sicurezza non è un traguardo da raggiungere, bensì un viaggio senza fine.
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