A San Paolo è andata in scena una delle gare più pazze degli ultimi anni. Tuttavia, ha permesso agli appassionati di tornare a vedere lo spettacolo dei vortici attorno le monoposto, con le Trecce di Berenice tornare al loro splendore.
The pinnacle of Motorsport, o almeno è così che viene definita la Formula 1, dove la ricerca estrema delle prestazioni è alla base. La Formula 1, come tutte le competizioni motoristiche, sfrutta l’aria che attraversa i mezzi per trarre vantaggio. Questo fluido, interagendo con i mezzi, crea vortici che generano prestazioni e, molte volte, disturbo ai piloti che inseguono. La FIA ha cercato di eliminare questi vortici con le normative 2022, ma i team li hanno cercati e trovati, tanto che le famose Trecce di Berenice sono tornate.
Cosa sono le Trecce di Berenice?
Il fenomeno delle Trecce di Berenice si verifica in condizioni particolari e molto spesso non è visibile. Il clima e il meteo del Brasile nello scorso GP hanno reso possibile apprezzare la magia dell’aerodinamica. Umido e freddo hanno accentuato questo fenomeno, evidenziando come questi vortici non se ne siano mai andati dalle monoposto della generazione Wing Car.
Questo fenomeno è molto spesso visibile sugli aerei ed è strettamente connesso a condizioni di temperatura e umidità. Entrando nei particolari, al centro del vortice di prossimità, nel nucleo, è presente una forte depressione. Questo abbassamento di pressione induce anche un relativo abbassamento della temperatura. Con l’umidità, decisamente accentuata in Brasile, l’effetto è ancora più evidente. Questo perché l’abbassamento della pressione dovrebbe innescare l’evaporazione dell’acqua, mentre quello della temperatura favorisce la condensazione.
Due effetti contrari, ma è facilmente comprensibile che l’abbassamento della temperatura è più forte di quello della pressione. Il vapore acqueo, quindi, si condensa e rende visibile questo fenomeno. Un vortice che comunque è innescato da una differenza di pressione presente tra estradosso e intradosso dell’ala posteriore.
Qui il video del fenomeno descritto (dal minuto 7:06)
Un effetto ricercato dai team, ma non voluto dalla FIA
Fino al 2021, le monoposto di Formula 1 facevano della gestione dei vortici attorno alla vettura il loro punto forte. Basti pensare ai super complessi bargeboard ai lati del cockpit. Questi raccoglievano l’aria e la “correggevano” per essere indirizzata verso il bordo del fondo e il retrotreno della monoposto.
Vortici estremamente carichi di energia che dovevano essere sfruttati al meglio. Infatti, se non correttamente gestiti potevano causare problemi di bilanciamento alle monoposto. Un effetto che danneggiava soprattutto le vetture all’inseguimento, che si trovavano a seguire un flusso d’aria molto turbolento e poco efficiente.
Consapevole di questi problemi, la FIA ha scelto di provare a eliminare questi vortici con l’introduzione delle Wing Car: forme tonde, pochi spigoli e superfici raccordate. L’obiettivo era chiaro e soprattutto nobile, cercare di riportare i sorpassi in F1 e lotte ravvicinate tra i piloti.
Tuttavia, la ricerca delle prestazioni e i buchi nel regolamento hanno dato ai team la possibilità di tornare a generare questi vortici. Strutture altamente energizzate che troviamo sia all’anteriore che al posteriore. L’esempio più lampante è l’ultima evoluzione dell’ala anteriore Ferrari, che nel gomito tra flap e endplate ha collocato dei “riccioli” per controllare ed energizzare questi vortici. Al posteriore, questo effetto è ancora più evidente, visto che si tratta di vortici di prossimità. Nella costruzione, ormai diffusa, del flap superiore staccato dal mainplane c’è la prova che questi vortici siano fondamentali per la ricerca esasperata delle prestazioni.
Crediti immagini: Red Bull Content Pool
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