Negli scorsi giorni è arrivata l’ufficialità dell’ingresso in F1 dell’undicesimo team in griglia. Scopriamo insieme quella che è la storia di Mario Andretti, l’eroe dei due mondi, dagli inizi in F1 al flop del figlio nella massima serie.
Con l’ufficialità del superamento dello step 2 di selezione per l’ingresso in F1 del team del figlio d’arte Michael, è giusto ripercorrere quelle che sono state le tappe e la storia degli Andretti nella massima serie. Mario Andretti, di origine italiana, è anche considerato come l’eroe dei due mondi, visto che è riuscito a vincere sia in Formula 1 che in Formula Cart, nel Mondiale Marche (attuale WEC) e CanAm.
L’approdo al mondo delle corse avviene nel lontano 1958, quando Mario aveva solamente 18 anni e si era già trasferito con la famiglia in America. Le prime esperienze in pista avvennero nelle gare locali di “Dirt Track” e furono condivise con suo fratello gemello Aldo. Dal momento dell’esordio al giorno della prima vittoria passarono alcuni anni. Infatti, i primi successi importanti risalgono al 1965 nell’USAC National Championship, dove conquistò il titolo per due anni consecutivi. La passione per le corse è molto radicata in lui, tanto che si dedica anche al Mondiale Marche e a quello CanAm. Con le sport prototipi ha fatto la sua fortuna, infatti, nella sua permanenza è riuscito a vincere tre volte la 12 Ore di Sebring e diversi podi alla 24 Ore di Le Mans.
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Il debutto e l’agonia in Formula 1 di Mario Andretti
Le prime esperienze in F1 per il pilota italo americano risalgono al 1968, quando al volante di una Lotus prende parte al Gran Premio degli Stati Uniti. L’esordio ha del fenomenale, subito pole position in mezzo allo stupore generale del pubblico. Purtroppo, per lui la gara finirà troppo presto e dovrà rimandare l’appuntamento per la prima vittoria. L’attesa durerà fino al 1971, quando nella gara inaugurale in Sudafrica conquistò il primo gradino e il giro più veloce della corsa a bordo della Ferrari 312 B progettata da Mauro Forghieri.
La sua permanenza nella categoria vedrà diversi cambi di casacca, infatti, dalla Ferrari disputerà alcune gare con la Parnelli, per poi tornare alla scuderia del debutto, la Lotus. Il ritorno “a casa” permetterà alla vetture di Colin Chapman e ad Andretti di interrompere il digiuno di vittorie. L’anno di grazia è il 1978, quando a bordo della Lotus 79, lui e la squadra sbaragliano la concorrenza, portando Andretti verso il primo titolo iridato. L’ostacolo che gli si presenterà davanti è quello del compagno di squadra Ronnie Peterson, nonostante quest’ultimo avesse un contratto da secondo pilota. Ma in quell’anno, in occasione del GP di Monza, lo svedese rimase coinvolto in un terribile incidente e morì in ospedale per complicazioni durante l’intervento. Nonostante la perdita del compagno di squadra, il pilota italo americano riuscì a conquistare il titolo iridato di F1 del 1978.
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Purtroppo, dopo la vittoria del mondiale la sua permanenza in F1 si trasformerà in una piccola sofferenza. I risultati faticano ad arrivare e non erano degni di nota, né in Lotus, né in Alfa Romeo. Il suo addio alla categoria avvenne nel 1982, quando prese via al Gran Premio d’Italia con la Ferrari per sostituire Didier Pironi, infortunato in un grave incidente in Germania. Nelle sessioni ufficiali è lui a prendersi il giro più veloce e la pole position davanti ad un pubblico entusiasta. Tuttavia, in gara lascerà spazio a Tambay, suo compagno di squadra, per giungere al traguardo solo in terza posizione.
Michael, il figlio d’arte che non brillò
Meno eclatante la storia di Michael Andretti, che ha scelto di provare a seguire le impronte del padre anche in Formula 1. I primi contatti con la massima serie avvennero nel 1991, quando prese parte a dei test a bordo della McLaren. L’allora team principal, Ron Dennis, gli offrì un contratto da collaudatore, considerandolo una sorta di “opzione“. L’anno dopo, ripresero le trattative per trovare un sedile in Formula 1 nella stagione 1993. Tuttavia, tutti gli sforzi fatti per assicurarsi il sedile furono vani, infatti, l’unico anno in cui corse fu caratterizzato da diversi ritiri e pochi punti conquistati.
Crediti Copertina: Getty images
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