La gara del Qatar ha messo a dura prova la preparazione atletica dei piloti. Cerchiamo di capire cosa dice la scienza sulla fatica fatta dai piloti durante il GP del Qatar.
Le temperature e l’umidità registrate durante il weekend del Qatar sono state piuttosto proibitive. Inoltre, gli episodi registrati durante il GP a Losail hanno scaturito reazioni da parte dei piloti e non solo. Se le temperature registrate non sono state elevate, il fattore che ha reso ancora tutto più complesso è l’umidità. Cerchiamo di capire perché questo elemento ha estremizzato la fatica fatta dai piloti in Qatar.
Una preparazione atletica di primo ordine per i piloti di F1
Ogni pilota di Formula 1 si prepara con allenamenti specifici per sopportare le forze che agiscono su di loro durante la guida. Le più probanti sono le enormi accelerazioni laterali e longitudinali delle vetture attuali. I valori di accelerazione laterale raggiunti dalle vetture del 2020(nettamente più veloci delle attuali), come ad esempio nella curva Casanova Savelli del Mugello e nella curva del Pouhon a Spa, superano i 5 G, dove il corpo del pilota è sottoposto a forze 5 volte superiori al peso del loro corpo. Per questo motivo, i piloti si allenano duramente per fortificare i muscoli del collo, migliorare la respirazione e le gambe per agire al meglio sul pedale del freno.
Tuttavia, la loro preparazione non è bastata per sopportare la fatica fatta in Qatar durante il GP. I problemi con i cordoli e le gomme hanno obbligato tutti a fare più soste e gli stint corti hanno obbligato tutti a spingere come matti. Una condizione che ha trasformato una gara in una qualifica di 57 giri. Ciò ha portato i piloti a faticare molto di più, portando al limite il loro corpo e sfruttando al massimo le energie disponibili.
Leggi anche: F1 | McLaren – Rivoluzione sostenibilità: al via gli esperimenti sul carbonio riciclato nel GP degli Stati Uniti
Come tutti sappiamo, quando siamo sotto sforzo il nostro corpo emana calore e per evitare condizioni spiacevoli, interviene il sudore, il nostro termo regolatore. Tutto ciò avviene se le condizioni di temperatura e umidità lo consentono, con quest’ultima che è stata la causa dei grandi problemi del weekend.
Per spiegare come questo sia successo è necessario introdurre il concetto di Temperatura di Bulbo Umido. Questo è un indice che punta a determinare i valori di temperatura e umidità dati i quali l‘aria è così satura di vapore acqueo da non consentire l’evaporazione dell’acqua da un corpo bagnato. In parole semplici, questo valore pone un limite alla temperatura umida oltre la quale il sudore non riesce più a evaporare. E quando la temperatura di bulbo umido oltrepassa i 30 °C, il corpo perde la capacità di abbassare la temperatura corporea attraverso il sudore. Quando si verifica tutto questo, il corpo umano sale di un grado ogni 45 minuti, conducendo a morte certa entro 4/6 ore.
Tramite il grafico sopra possiamo anche capire quale sia il limite del corpo umano. Inoltre, possiamo anche immaginare facilmente che le condizioni di temperatura (32°C) e umidità(70-80%) con cui si è disputato il GP del Qatar erano al limite. Limite che alcuni piloti hanno quasi raggiunto, visto anche la loro costante ricerca di aria per rinfrescarsi e cercare di “asciugare” il sudore. Il tutto è stato accentuato dalle alte temperature registrare all’interno dell’abitacolo, con Alonso che ha dichiarato di aver percepito 80°C. Questo è ovviamente dovuto alla conformazione quasi chiusa dell’abitacolo, il quale pesca aria da un piccolo foro posto in prossimità del musetto.
Seguici anche sui social: Telegram – Instagram – Facebook – Twitter