Leo Turrini in esclusiva per F1inGenerale spiega le ragioni che hanno portato Ferrari a puntare su Hamilton e perché Newey ha sempre evitato l’Italia.
Abbiamo avuto il piacere di essere ospiti di Leo Turrini, giornalista di riferimento nel panorama motorsport con cui abbiamo discusso sulla portata del “colpo del secolo” che ha portato Hamilton in Ferrari e sul perché Newey ha sempre preferito rifiutare le avances della Rossa.

Partiamo da una domanda personale, da laureato in giurisprudenza e aspirante giornalista, cosa ha portato un laureato in giurisprudenza ad essere giornalista?
La mia è una storia che risale all’ infanzia. Sin da piccolo avevo una passione irrefrenabile per la scrittura ed il racconto. Pensate che in terza elementare dirigevo il giornalino di classe.
Mi sono laureato che ero già giornalista professionista ma ho voluto comunque completare gli studi perché mi piaceva il diritto anche se mi avevano già assunto al Resto del Carlino quando avevo 20 anni
Non ho mai pensato all’Università come strumento per un futuro professionale. So benissimo che probabilmente se avessi fatto il notaio o l’avvocato avrei guadagnato molto di più ma mi sarei divertito molto meno. Nella mia vita sono riuscito a fare quello che sognavo.
Condivide la scelta di portare Hamilton in Ferrari appiedando un pilota, Sainz, che sta dimostrando di essere di primissimo livello?
La condivido. Credo che Sainz sia un buonissimo pilota. Molto solido. Carlos ha una capacità di applicazione impressionante. Dalla vettura di cui dispone riesce sempre a tirare fuori il massimo.
Ma bisogna essere schietti. In Ferrari, negli ultimi quindici anni, partendo dalla parte finale della presidenza Montezemolo passando per l’era del compianto Marchionne, ne sono successe di ogni. È stato dilapidato un capitale umano in termini di tecnici davvero impressionante.
Penso ad Aldo Costa, James Allison, Sassi… ma potrei continuare.
Si è così arrivati al punto che, negli anni recenti di difficoltà tecnica tutti gli ingegneri rispondevano “no” alle offerte della Ferrari.
Questa è la verità. Se non si parte da qui non si capisce l’operazione Hamilton.
John Elkann ha capito di dover mandare un segnale. Dimostrare che in realtà qualcuno che crede nel progetto Ferrari c’è. Soprattutto in funzione del cambio regolamentare 2026.
Quindi il Presidente è andato a prendere il pilota più forte in termini di numeri e statistiche e ovviamente si tratta di un ingaggio dal forte valore simbolico.

Bisogna ricordarsi che il mondo della F1 è piccolo. C’è questa sorta di “Silicon Valley” attorno a Silverstone dove sette scuderie su dieci orbitano. Gli ingegneri vivono tutti lì. I loro figli vanno nelle stesse scuole. Alla sera vanno negli stessi pub. L’immagine che la Ferrari aveva dato di sé stessa era quella di una scuderia non più attraente.
Ero a cena con Camilleri una sera, non quello di Montalbano ma l’AD Ferrari. “Leo, non vuole venire nessuno”, mi disse. “Ci dicono tutti di no anche se siamo la Ferrari”. Hamilton rappresenta questo. La voglia di cambiare le cose.
Al contempo io non penso proprio sia un pilota finito. Per cui condivido l’operazione anche a prescindere da tutti gli effetti di marketing, che sono stati davvero importanti.
Chiaro che, avendo in squadra Hamilton e Leclerc, e l’ho detto anche a John Elkann, non gli si può certo dare la Ferrari del 2020.
Entrambi meritano un mezzo tecnico che gli permetterà di lottare per vincere. Spero proprio che questo accadrà sin dal 2025.
È Adrian Newey l’ingrediente segreto che ancora manca alla Ferrari per vincere?
Newey fu contattato la prima volta da Montezemolo molti anni fa. E l’inglese rispose che non gli interessava lavorare in Italia. Se abbia cambiato idea non lo so dire.
C’è però qualcosa che a volte dimentichiamo. Trent’anni fa, dopo la tragedia di Imola che portò alla morte di Senna, Newey è finito sotto processo penale.
Poi tutto si è risolto con una prescrizione ma queste sono cose che per un anglosassone sono incomprensibili. In Inghilterra, nel mondo delle corse, non è prevista alcuna responsabilità nel caso in cui succeda l’irreparabile, dato che si parte dal presupposto che se fai il pilota metti in conto ogni rischio.
Io non escluderei che nella testa di Newey il ricordo di quella esperienza abbia contribuito a tenerlo lontano dall’Italia. Poi sono comunque sicuro che anche John Elkann starà provando a prenderlo.

Cosa direbbe Enzo Ferrari della gestione attuale della Scuderia?
Io invidio chi ha una risposta certa. In questi casi il mondo è pieno di gente dice di aver conosciuto Senna o Ferrari… ma il 90% sono millantatori!
Io Ferrari un po’ l’ho conosciuto, ero giovanissimo e lui era una leggenda assoluta. Credo che a lui quello che interesserebbe sarebbe avere la consapevolezza che si è sulla strada giusta.
Ossia che il lavoro che stanno facendo a Maranello Vasseur e il suo staff tecnico è destinato a portare dei risultati.
D’altronde una delle frasi storiche di Ferrari era: “la vittoria più bella è la prossima”. Enzo guardava sempre al futuro e non si crogiolava mai sugli allori. Era uno che chiaramente viveva male la sconfitta, dato che ha sempre visto il secondo come il primo dei perdenti.
Sono però convinto che gli avrebbe fatto molto piacere il fatto che John Elkann abbia deciso di far tornare la Ferrari a Le Mans al massimo livello. La prima grande impresa, pietra miliare nella leggenda Rossa, è infatti la vittoria nella 24H del 1949. Ferrari questo non l’ha mai dimenticato e per questo ha sempre legato il suo nome anche alle corse di durata.
Sul resto… in molti gli attribuiscono delle volontà che non credo coinciderebbero con il suo pensiero.
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