Al netto delle preferenze degli appassionati dei motori, c’è un settore in cui il dato oggettivo parla chiaro: la Formula E è un investimento decisamente migliore della Formula 1. I tifosi, probabilmente, non sono interessati all’aspetto economico-finanziario della gestione delle due categorie, ma ciò li riguarda molto di più di quanto possano pensare. Perché, come ripete una famosa canzone, “Money makes the world go round”, e il mondo dei motori non fa certo eccezione. Formula E Money
Una crescita esponenziale Formula E money
Non è certo un segreto che pochi avrebbero scommesso sulla riuscita del progetto Formula E alla sua nascita. E in effetti, nei primi tempi l’intera operazione era sull’orlo del collasso. Nell’arco di appena cinque anni, tuttavia, lo spirito imprenditoriale di Alejandro Agag e la capacità della categoria di attrarre sponsor l’hanno portata a introiti superiori a 200 milioni di sterline, portando i bilanci in attivo per la prima volta. Per farci un’idea del giro d’affari generato dal campionato elettrico, mettiamo (alcuni) numeri in fila.
Nota dell’autore: la società di gestione del campionato, Formula E Operations Limited, ha sede nel Regno Unito. I seguenti dati sono estrapolati dai bilanci disponibili nel registro delle imprese della Camera di Commercio britannica, la Companies’ House.
*Per l’anno fiscale 2019, non ancora registrato,il riferimento sono i dati forniti nel comunicato stampa a questo link.
La categoria è stata in grado prima di dimezzare, e poi di annullare completamente il proprio passivo anche grazie a una gestione oculatissima dei costi operativi, che sono andati a diminuire nonostante le esigenze e la portata del campionato aumentassero drasticamente.
I vantaggi di piloti e costruttori
Per rendere un’idea della competitività e redditività del campionato, diamo un’occhiata anche a cosa entra nelle casse di squadre e piloti. Come esempio, scegliamo Mahindra, i cui bilanci riassumiamo molto sintenticamente nella tabella che segue.
Con un investimento sempre limitato dal budget cap, in vigore da regolamento fin dalla nascita della categoria, Mahindra ha quasi centuplicato il suo attivo nel settore racing. A giovare dell’esposizione che deriva dalla categoria sono anche i piloti. Secondo Lucas Di Grassi, infatti, anche lo stipendio medio di chi corre nella categoria ha visto un forte incremento.
The @FIAFormulaE series is growing so fast that I can say with a high level of confidence that average driver salary now has multiplied by a factor of 10 since Season 1 and still rising, making it the highest paid series, on average, after F1.
— LUCAS DI GRASSI (@LucasdiGrassi) July 18, 2019
Dove la Formula 1 sbaglia
Solo pochi mesi fa, il CEO della Formula 1 Chase Carey guardava sprezzante al business model della Formula E. Così diceva a Forbes: “Si tratta sostanzialmente di una serie di contratti Business-to-Business, piuttosto che di uno sport.”
Le sue posizioni, però, vanno forse riviste. La Formula E ha visto, nel 2019, un incremento esponenziale dei suoi sponsor, che totalizzano il 25% dei ricavi totali della categoria, comunque in rialzo di oltre il 50% rispetto al 2018. Guardando ai numeri dei costi operativi, di rilevanza assolutamente fondamentale, la Formula 1 ne ha perso il controllo laddove la Formula E continua a ridurli nonostante il forte progresso della categoria. Nel 2018, infatti, la F1 ha raddoppiato i propri costi operativi (da $37M a $68M) a fronte di una forte contrazione dei ricavi, che hanno mancato di oltre $200M i forecast degli investitori.
In conclusione, se è vero che alcuni appassionati rimangono convinti del fallimento del progetto Formula E, non la pensa così chi ci investe, di anno in anno, quantità di denaro sempre più consistenti. Il ritorno di pubblico, nonostante i detrattori, di certo non manca.
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