Chiariamo subito: non è un paragone, né un forzare insieme due storie che restano diverse. Riteniamolo il frutto di una serie coinvolgente di sentimenti che mi hanno spinto a questo tentativo di dialogo tra quelle che Turrini chiamerebbe due “leggende di uomini normali”. Nient’altro che un tentativo di disegnare l’anatomia di un fenomeno. Schumi e Alex
È tutto avvenuto nel terzo, intenso pomeriggio del Festival dello Sport 2019 di Trento. Su un palco c’è una squadra venuta dalla storia: quella della Ferrari di fine anni ’90 con Jean Todt, Stefano Domenicali, Piero Ferrari, Luca Badoer, Eddie Irvine, Sabine Kehm. Al centro dell’appuntamento un uomo, che seppure non potesse esserci, era ben presente nei racconti dei partecipanti. Qualche ora dopo sullo stesso palco sedeva un altro uomo, anzi, un ironman: Alex Zanardi. Due fenomeni imbattuti e imbattibili che meritano, uno accanto all’altro, un posto nell’Olimpo dello Sport. Schumi e Alex
Due ritratti dello stesso fenomeno Schumi e Alex
Tornando a casa, le emozioni sono ancora vive. L’impressione è che si parlasse di due ritratti di uno stesso fenomeno, come due facce della stessa medaglia. Sì, è vero, Michael è tanto riservato quanto esplosivo sul podio e nel suo amore per la famiglia, Alex invece si dimostra sempre molto più chiacchierone, coinvolgente, estroverso mentre racconta anche tante scene della sua vita privata. Entrambi però sono stati a modo loro capaci di raccontare due storie che, con tutto l’entusiasmo che sanno trasmettere, vorresti rivivere infinite volte e non riesci a non metterle in comunicazione tra loro nella tua mente.
Ripensando a tutto quello che mi ha colpito, frasi sparse iniziano a tornare a galla. Il primo ricordo di Schumi in Ferrari che Stefano Domenicali ha è un uomo vestito in tuta bianca, vuota, per ragioni di contratto. Arriva a Fiorano con un taccuino in mano, pieno di idee da condividere ma pronto anche ad accogliere ogni minuzioso dettaglio possa essere utile a imparare. Ve lo immaginate, il vostro mito d’infanzia, Schumacher, o chiunque sia, ad imparare? Eppure, quel taccuino non la lascerà mai più fino al giorno in cui ha appeso il casco al chiodo. Il suo metodo è maniacale fino al dettaglio, persino quando si tratta di scegliere i regali, ci ha raccontato Sabine: uno ad uno, con cura, per tutti i ragazzi di Maranello.
Eh sì, dev’essere così il fenomeno: sa fare tante cose, prima di tutto imparare.
«Il fenomeno sa riconoscere ciò da cui farsi ispirare tra tutte le cose che semplicemente ci attraggono»
Ma non è solo questo. L’ha detto Alex, un altro mio mito, presentandosi: il fenomeno sa scegliere ciò da cui lasciarsi davvero ispirare tra tutto ciò che nel mondo lo attrae e non c’è una magia che porta lì, dritti all’obiettivo. I compiti a casa bisogna farli, con determinazione, impegno. Schumi e Alex
E ci sono anche altre sue frasi che mi vengono in mente. Il fenomeno non è chi sta sempre al centro. Il fenomeno è metodico, ma anche paziente. «La determinazione non sta nel rincorrere i risultati.»
Perché c’è sempre un tempo in cui bisogna saper alzare bandiera bianca, ed entrambi questi due fenomeni lo sanno bene. Mi passano per la testa un sacco di immagini: Hakkinen su Schumi e Zonta a Spa 2000, le strisce dritte nella ghiaia fino alle barriere a Silverstone 1999, e poi Lausitz 2001, Meribel 2013 e infine il pensiero torna a Spa, 2019, inevitabilmente. Chissà quante volte abbiamo pianto, come se fossimo tutti bambini, eroi inclusi. Ma sai, forse è proprio da quella bandiera bianca che parte la strada per diventare fenomeni. «Saper guardare gli altri, lasciarsi ispirare anche da chi meno ce lo si aspetta, cambiare prospettiva, reinterpretare, ricostruire con la propria arte.»
D’altronde, la bandiera bianca per noi, abitudinari del motorsport, non è la resa. È solo la Safety Car: si riparte. Si riparte.
«100% commitment» aveva detto Eddie, «it was a hard work to be Michael’s teammate.»
Schumi è il pilota che alle 7 della mattina era il primo ad arrivare al lavoro. Alex è il coraggioso che, nonostante tutti gli dicessero «è impossibile», in cinque settimane ha preparato la maratona di New York su handbike. Ecco allora perché non bisogna rincorrere i risultati, ma «continuare a provarci sempre, fare infiniti tentativi, per raggiungere quei risultati.»
«Cosa ci ha permesso di vincere così tanto? La paura di perdere»
Dev’essere così che fanno i fenomeni, sanno a cosa puntare. Questa è un’altra abilità, dice Alex: saper riconoscere un obiettivo.
Poteva vincere con chiunque, ma lui voleva vincere con la Ferrari. «Everyone wanted Michael as driver, but he did want to win with Ferrari.» ricorda ancora Eddie.
«Un giorno ho incontrato in un’area di sosta un ragazzo che portava sulla sua macchina questo oggetto strano. Dopo qualche tempo, ho riparlato con quello stesso ragazzo e gli ho chiesto come potevo recuperarne una di quelle cose lì con tre ruote: volevo fare quella maratona.» Gli applausi me li sento ancora nelle orecchie.
Era stato altrettanto chiaro Jean Todt quando parlava del suo amico: «Cosa ci ha permesso di vincere così tanto? La paura di perdere. Ci ha spinto ogni giorno a cercare la perfezione, trovare sempre qualcosa da migliorare.» Questa è sicuramente una cosa esclusiva loro. Solo i fenomeni possono avere paura di perdere.
«Il segreto sta nel trovare quella cosa che vi fa sentire migliori, farlo con trasporto. Chiedersi “cosa posso fare oggi per fare un passo in avanti?”» detta così sembra semplice, Alex. E forse lo è per davvero, basta volerlo.
Il genio è nell’alternativa Schumi e Alex
Insomma, nella determinazione, nella forza, nell’irresistibilità c’è anche la debolezza. Gli appassionati di motorsport lo sanno bene: ciò che è veloce e forte non è indistruttibile. Basta un dosso, una candela, un dado. È proprio lì che si annida la fame, la voglia, la spinta a migliorarsi, crescere, cercare e soprattutto trovare qualcosa che nessuno prima ha trovato mai. A volte è fare qualcosa di nuovo, a volte è semplicemente farlo in maniera diversa.
È nella scelta dell’alternativa che si trova il genio. Come quella volta che a Laguna Seca Alex ha saputo aspettare il momento giusto per cogliere l’avversario rilassato, senza sapere se sarebbe riuscito a evitare il muro, anzi: «ho visto la Madonna in bicicletta a quella curva lì». Come quella volta che Michael ha attraversato il traguardo ai box a Silverstone. Ma è legale? Non si può?
La verità, ho imparato oggi, è questa: non si può finché qualcuno non trova il modo di farlo.
E allo stesso modo mi sa che funziona la paura di perdere. Mi viene in mente che Nelson Mandela, un altro tra i fenomeni, una volta ha detto che «il coraggio non è assenza di paura, ma capacità di vincerla.» Ecco, oggi potremmo dire che il coraggio di vincere sta esattamente qui: nella capacità di vivere questa paura di perdere, lavorare sodo e trovare il modo per tagliare il traguardo.
«Però fallo davvero»
Ma alla fine quindi che cos’è davvero un fenomeno? Non per forza uno sportivo, non per forza un iridato. Sicuramente dev’esserlo chi facendo cose normali in maniera geniale trova il modo per raggiungere il proprio traguardo. E noi, l’ha confermato Alex, se vogliamo essere almeno un po’ fenomeni, dovremmo riscoprire un pizzico di umiltà, ritrovare la capacità di saper vedere il fenomeno dove non ce l’aspettiamo, essere curiosi, esplorare, conoscere, capire e non giudicare. Perché, sebbene senza copertura mediatica, ce ne sono tanti tra di noi.
Ecco chi è il fenomeno, qualcuno che ha l’umiltà, la semplicità e la sincerità di dire a sé stesso: «Provaci che ne vale la pena, però fallo davvero.» l’ha detto Alex qualche minuto fa.
«Never, ever give up. Keep fighting.» risponde Michael. Schumi e Alex